Il patrimonio medio di un trentenne italiano risulta una questione complessa, che coniuga fattori generazionali, culturali ed economici. Gli ultimi dati disponibili dipingono un quadro meno scontato rispetto a molte percezioni diffuse: il livello reale di ricchezza delle giovani generazioni non è solo il riflesso del reddito, ma è fortemente legato all’eredità familiare, alla proprietà immobiliare e alla distribuzione generale della ricchezza sociale.
Il valore attuale della ricchezza privata in Italia
La ricchezza complessiva degli italiani nel 2024 ha raggiunto circa 11.700 miliardi di euro, posizionando il paese tra quelli con il più alto patrimonio privato nel mondo. Tuttavia, questa cifra non si distribuisce in modo uniforme tra le età e le categorie sociali. I dati ufficiali mostrano che il reddito medio pro capite dichiarato agli enti fiscali si attesta sui 22.743 euro, ma questo dato è influenzato dall’inflazione e dalle differenze territoriali. È importante distinguere tra reddito (flussi annuali) e patrimonio (ricchezza accumulata), con quest’ultimo influenzato da molteplici variabili quali proprietà immobiliari, risparmi, investimenti e debiti.
In generale, il patrimonio degli italiani si caratterizza per una bassa incidenza dei debiti (solo il 7,6% del patrimonio lordo), mentre la componente immobiliare rappresenta ben il 62% della ricchezza lorda. La casa come bene rifugio, una scelta fortemente radicata nella cultura nazionale, continua a essere centrale per la pianificazione finanziaria, rendendo il patrimonio italiano strutturalmente solido ma meno esposto all’innovazione finanziaria rispetto ad altri mercati.
La distribuzione della ricchezza tra giovani e anziani
Una peculiarità italiana riguarda la distribuzione del patrimonio tra generazioni. Via via che l’età aumenta, cresce anche la probabilità di aver accumulato beni mobili e immobiliamente consistenti. La ricchezza dei giovani è spesso inferiore rispetto a quella dei loro genitori e nonni, poiché le giovani generazioni faticano ad accedere all’acquisto della prima casa e all’investimento a lungo termine, complice la precarietà lavorativa e i salari stagnanti. Tuttavia, il processo del trasferimento generazionale previsto nei prossimi decenni avrà un impatto notevole: si stima che più di 2.300 miliardi di euro verranno trasferiti alle nuove generazioni.
Il fenomeno si accentua anche per la disparità sociale: il 5% degli italiani più ricchi possiede quasi la metà della ricchezza nazionale, mentre il resto della popolazione si spartisce la rimanenza. Di conseguenza, molte famiglie giovani possono avere patrimoni consistenti solo grazie a lasciti ed eredità, più che per capacità di accumulazione autonoma.
La ricchezza mediana: un dato sottovalutato
Nei confronti internazionali, l’Italia si pone al 23° posto per patrimonio medio per adulto, ma arriva fino al 14° posto per ricchezza mediana. Questo significa che, pur mancando picchi estremi come negli Stati Uniti, la distribuzione nella fascia centrale della popolazione (quella dei “normali” cittadini di mezza età e giovani adulti) è più equa di quella di molte nazioni avanzate. La ricchezza mediana, più utile per capire la “normalità” sociale, si avvicina di più alla realtà di un trentenne comune italiano rispetto al valore medio, spesso inflazionato dai grandi patrimoni.
Per un giovane adulto, il patrimonio medio è spesso dato da una combinazione di risparmi bancari, eventuali piccoli investimenti, previdenza complementare e, molto spesso, una quota di proprietà immobiliare (anche solo ereditata parzialmente). Secondo le fonti, il valore medio stimato per la fascia 30-39 anni si aggira tra i 60.000 e i 90.000 euro lordi, includendo sia attivi immobiliari che finanziari e detraendo i debiti. Questa cifra può sorprendere chi si aspetta valori molto più bassi per i giovani, ma va ricordato quanto incida la tradizione ereditaria italiana e la tendenza a investire prevalentemente nell’abitazione di proprietà.
Fattori che influenzano il patrimonio dei trentenni
Oltre alla situazione ereditata, sul patrimonio di un giovane adulto incidono vari elementi:
- Residenza: vivere in regioni con mercati immobiliari più dinamici (Nord Italia, città principali) spesso implica un valore patrimoniale più alto rispetto alle aree rurali o meridionali.
- Stabilità lavorativa: chi lavora in settori pubblici o ad alto reddito ha maggiore facilità di accumulare risparmi e investire.
- Livello di istruzione: studi statistici mostrano che laureati e professionisti presentano patrimoni medi più consistenti.
- Accesso al credito: la bassa percentuale di indebitamento degli italiani comporta che molti trentenni abbiano debiti contenuti, a differenza di paesi come gli Stati Uniti e il Regno Unito.
Non va trascurato il ruolo dell’evoluzione delle dinamiche familiari. In Italia, la pratica dell’aiuto economico da parte dei genitori resta fondamentale: la cosiddetta “generazione sandwich”, che si trova al centro tra genitori anziani e figli crescenti, riceve spesso supporti economici che aumentano il proprio patrimonio reale. In parallelo, il contesto macroeconomico e la fiscalità (ad esempio sulle successioni e sulle agevolazioni prima casa) influenzano la crescita patrimoniale individuale.
Il ruolo degli immobili
Va rimarcato che la componente immobiliare resta il pilastro principale della ricchezza dei giovani adulti italiani. Molti trentenni sono proprietari (anche solo parziali) di un’abitazione grazie ad acquisti agevolati, mutui, donazioni o successioni. Questo aspetto è peculiare rispetto a altre nazioni, dove le giovani generazioni sono molto più dipendenti dagli affitti. Sul patrimonio immobiliare si fondano una parte significativa delle strategie familiari di accumulo e trasmissione della ricchezza, favorendo una certa stabilità economica anche in tempi di crisi.
I rischi della polarizzazione della ricchezza
Tuttavia, il sistema italiano soffre della polarizzazione dei grandi patrimoni: solo l’1% del Paese possiede una quota sempre maggiore di capitale, e questa concentrazione tende ad aumentare negli anni, spinta dall’inevitabile effetto ereditario e dalla differente capacità di investimento. Il rischio è che, senza interventi strutturali, i giovani meno favoriti rimangano esclusi dall’accumulazione patrimoniale e dalla possibilità di rivalutare le proprie risorse.
Il patrimonio medio di un trentenne italiano, quindi, non è solo una cifra da interpretare, ma il risultato di una narrazione complessa, fatta di conservatorismo immobiliare, sostegno familiare, disparità sociale e contesto macroeconomico. In definitiva, il valore medio sorprende perché include la forte vocazione al risparmio, la centralità della casa e un debito personale tra i più bassi d’Europa: elementi che rendono unico il DNA patrimoniale degli italiani rispetto a molti altri Paesi occidentali.