PA, quant’è difficile semplificare?

PA, quant’è difficile semplificare?

Il PNRR potrebbe rappresentare un’importante occasione non solo per tentare di uscire dalla crisi generata dalla pandemia, ma anche per rimediare ad alcune asimmetrie organizzative e funzionali che rendono il nostro Paese arretrato rispetto agli altri stati Europei.

Tuttavia è necessario sia comprendere le ragioni che stanno a valle del Piano, sia prendere atto che il progresso non è stato mai attuato solo grazie all’impulso del legislatore.

In altri termini, occorre una maturità di tutti gli attori che, prendendo atto della situazione attuale, pongano in essere le condotte necessarie affinché le necessarie disposizioni di legge siano coerenti col contesto sociale e psicologico sia di chi deve farle rispettare che di chi deve rispettarle.

Una importante chiave di lettura può essere rappresentata dagli indici contenuti nel piano, che a loro volta fanno riferimento al Digital Economy and Society Index (DESI), un monitoraggio predisposto dalla Unione Europea sullo stato dei processi digitali dei paesi membri.

 


 

 

La transazione digitale nel PNRR

 

Il punto di partenza di questa breve analisi è la presa d’atto che l’Italia si trova al ventiquattresimo posto fra i 27 Stati membri dell’UE in termini di adozione digitale e innovazione tecnologica. La situazione è tristemente cristallizzata nel prospetto che segue:

Alla luce di questo prospetto, per prima cosa, bisogna comprendere le ragioni di un risultato che appare diverso dalla percezione comune di progresso tecnologico e scientifico che attribuiamo al nostro Paese.

 

Considerando infatti le voci “connettività” e “PA digitale”, si può vedere che tutto sommato l’Italia non sembra messa poi così male. Però quando si passa ad analizzare il “capitale umano” si vede anche ad occhio che non sembra esserci proporzionalità rispetto al risultato che potremmo attenerci in base agli investimenti effettuati.

 

L’Italia si trovi in una posizione tutto sommato avanzata in termini di integrazione di tecnologie digitali, però si nota un contrasto tra l’utilizzo delle tecnologie digitali in ambito Business e quella in ambito di E-Commerce. Probabilmente ciò è da mettere in relazione alla scarsa propensione dei cittadini all’utilizzo di Internet e, più in generale, dei processi digitali.

 


 

Fatturazione elettronica

 

In mezzo a tante “criticità”, c’è un ambito in cui l’Italia eccelle: è quello della fatturazione elettronica. Questo risultato rappresenta il corollario ed il giusto riconoscimento della rivoluzione digitale posta in essere dalla Agenzia delle Entrate con la collaborazione dei professionisti e delle imprese.

 


 

I punti critici: la burocrazia e la carenza di formazione

 

L’Italia è riconosciuta una potenza industriale in ambito internazionale, la patria della tecnologia e della innovazione, oltre che della cultura e dell’arte. Probabilmente ciò è dovuto alla presenza di una classe imprenditoriale tradizionalmente efficiente e culturalmente evoluta, di un “sistema paese” ben progettato, ma è importante individuare rapidamente con quali accorgimenti queste “doti” possano essere preservate e migliorate, in modo da poter stare al passo con la crescente propensione degli altri paesi a raggiungere mete sempre più elevate ed ambiziose, in un contesto di globalizzazione anche della concorrenza.

Purtroppo il quadro che emerge dai dati è di una Italia che investe molto ma ritrae poco dagli investimenti effettuati. Ciò si verifica quando gli investimenti sono effettuati senza avere un feed back della loro attitudine a raggiungere i risultati prefissati. Il PNRR, che certamente rappresenta una storica opportunità, deve quindi essere indirizzato in maniera corretta affinché possa essere utilizzato nel migliore dei modi, attuando delle milestones utili per correggere eventualmente il tiro prima che sia troppo tardi.

 


 

Le priorità da affrontare

 

La esasperazione della burocrazia e la inadeguata formazione del personale, soprattutto della Pubblica Amministrazionesono due facce della stessa medaglia, probabilmente legate da un reciproco rapporto di causa-effetto. Il PNRR, riguardo la situazione del “fattore umano all’interno della Pubblica Amministrazione”, ha effettuato una analisi puntuale, dalla quale emerge che l’esigenze di contenimento della spesa pubblica è stata in parte affrontata col blocco del turnover, e ciò ha avuto importanti conseguenze.

  1. Il numero dei dipendenti occupati nel settore pubblico (circa 3,2 milioni in valore assoluto) ad un valore inferiore alla media OCSE (13,4 per cento dell’occupazione totale); il ricambio generazionale nell’ultimo decennio è stato lento e parziale, ad eccezione del comparto della scuola. La sostituzione del personale in servizio è stata pari a un solo nuovo assunto a fronte di tre cessazioni nelle amministrazioni centrali e di un assunto ogni due cessazioni nelle amministrazioni locali;
  2. L’età media dei dipendenti pubblici era nel 2019 di 50 anni. Il 16,3 per cento del totale aveva più di 60 anni, mentre soltanto il 4,2 per cento ne aveva meno di 30. “Ciò ha contribuito a determinare un crescente disallineamento tra l’insieme delle competenze disponibili e quelle richieste dal nuovo modello economico e produttivo disegnato per le nuove generazioni (digitale, ecologico, inclusivo).

Al fenomeno sopra descritto si deve aggiungere anche il taglio delle spese di istruzione e formazione per i dipendenti pubblici

Questi problemi sono più gravi nelle amministrazioni periferiche; le amministrazioni regionali e locali hanno infatti particolarmente sofferto delle politiche di contenimento della spesa attuate durante gli anni di crisi economica, e hanno registrato tagli per oltre 26,6 miliardi di euro di trasferimenti tra il 2007 e il 2015, una riduzione di circa il 50 per cento”.

 

L’analisi sopra svolta mette quindi a nudo le principali criticità del nostro sistema, in cui l’intreccio generato dalla anzianità del personale in servizio, dalla riduzione dell’organico, dall’incremento dell’età media e dalla riduzione dei piani formativi hanno creato quella tempesta perfetta di cui oggi vediamo gli effetti.

 

L'inefficienza e la complessità della Pubblica Amministrazione, che spesso viene bollata col nome di burocrazia, altro non è se non l’espressione di una classe lavorativa che si trova sempre meno motivata, non adeguatamente formata e generalmente meno adeguata ad accogliere e far proprie le procedure digitali imposte per legge, che vengono considerate un corpo estraneo, una complicazione inutile.

 


 

Il PNRR, gli assi della rivoluzione della PA

 

Il PNRR ritiene quindi che la riforma della Pubblica Amministrazione debba avvenire secondo quattro assi principali:

A. Accesso, per snellire e rendere più efficaci e mirate le procedure di selezione e favorire il ricambio generazionale;

B. Buona amministrazione, per semplificare norme e procedure;

C. Competenze, per allineare conoscenze e capacità organizzative alle nuove esigenze del mondo del lavoro e di una amministrazione moderna;

D. Digitalizzazione, quale strumento trasversale per meglio realizzare queste riforme.

 


 

Conclusione

 

Nell’ambito del PNRR si spera siano previsti sistemi grazie ai quali ciascun cittadino possa fruire, mediante accessi in cui sia garantita la verifica della identità (SPID, CIE, firma digitale, etc) di un servizio gratuito di conservazione “a norma” di propri documenti informatici in un cloud riservato e messo a disposizione. 

Quindi, ben venga il PNRR, ma deve essere accompagnato da una rivoluzione culturale, della Pubblica Amministrazione e dei cittadini, in cui tutti si rendano conto che lo Stato è al sevizio del cittadino, non il contrario.

 

 

 

Source: Salvatore De Benedictis - Agenda Digitale

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